OPPONIBILITÁ DEL REGOLAMENTO DI CONDOMINIO AI TERZI

Con la sentenza numero 2137 del 14 maggio 2024, la Corte d’appello di Napoli si è soffermata su un tema di grande interesse: l’operatività e/o opponibilità a terzi delle clausole limitative contenute nei regolamenti condominiali convenzionali.

Come noto, le disposizioni del regolamento condominiale che limitano (nell’interesse comune) i poteri e le facoltà dei singoli condòmini sulle loro proprietà esclusive assumono carattere convenzionale, e ciò avviene in due modi:

  • Se predisposte dall’originario unico proprietario dell’edificio, vengono accettate dai condòmini nei contratti di acquisto delle rispettive proprietà esclusive (oppure in separati atti appositi);
  • Se deliberate dall’assemblea dei condòmini, vengono approvate all’unanimità.

Affinché tali clausole possano essere opponibili a chiunque usufruisca delle unità immobiliari condominiali, è necessario prestare molta attenzione all’atto di trascrizione. La disamina del provvedimento della Corte d’appello di Napoli spiega nel dettaglio quale sia la modalità corretta.

L’obbligo di trascrizione delle clausole limitative

Per quanto riguarda la dimostrazione nei confronti dei terzi acquirenti, questa può essere validamente fornita solo attraverso la prova dell’avvenuta trascrizione nei pubblici registri immobiliari (antecedentemente alla trascrizione dell’atto di acquisto del terzo) delle disposizioni regolamentari che pongono limitazioni ai poteri e alle facoltà dei singoli condòmini sulle rispettive porzioni di proprietà esclusiva. Non è sufficiente che nella nota di trascrizione vi sia un generico rinvio al regolamento condominiale, ma occorre indicare le specifiche clausole limitative.

Alla luce di tali principi, i giudici d’appello partenopei sono giunti alla decisione del caso in esame. Dall’esame degli atti di causa, non risulta prodotta la nota di trascrizione del regolamento condominiale con la necessaria specifica indicazione della clausola limitativa della destinazione d’uso invocata dall’appellante; nell’atto non sono specificamente indicate le clausole impositive della servitù (ovvero quelle contenenti limiti alla destinazione d’uso dell’immobile acquistato) e, come detto, il mero rinvio al regolamento condominiale non appare sufficiente.

Di conseguenza, respinte tutte le ulteriori doglianze, la Corte d’appello ha ritenuto il ricorso spiegato dal condominio del tutto privo di fondamento in fatto e in diritto.